Ricordo di Biasini

Una lezione di stile e una di politica

di Francesco Nucara

Oddo Biasini scompare a Cesena l’8 luglio del 2009. Con lui se ne è andato non solo un protagonista fondamentale per la storia dell’intero Partito repubblicano italiano, ma, aggiungerei, un certo modo di interpretare la funzione, il ruolo, i compiti, gli obiettivi del partito di Mazzini. Biasini, possiamo dirlo senza tema di essere smentiti, è stato l’ultimo vero mazziniano italiano. Il termine non sa affatto di archeologia o di venerazione acritica del passato: fosse solo per il fatto che il patriota ligure, protagonista del nostro Risorgimento e fermo propugnatore del binomio Unità-Repubblica, non è passato di moda. Anzi, proprio le celebrazioni del Centocinquantenario ne hanno riproposto la figura, di indubbia modernità e – aggiungo – problematicità, una figura intorno alla quale l’indagine storiografica più seria continua a lavorare esaminandone i vari aspetti del pensiero. Che fu pensiero europeo, all’avanguardia. Forse sessant’anni fa, in uno sforzo di innovazione dell’Edera, si preferiva relegare un po’ al margine la classica genuflessione all’apostolo laico. Oggi Mazzini ritorna. E proprio Oddo Biasini ci piace immaginare, per tutto il vasto arco del suo operato, in una sorta di colloquio intimo e profondo col grande ligure.

Non a caso uno dei suoi crucci, come altra volta ho scritto da queste colonne, era, negli ultimi anni, la mancata unità del partito. Una diaspora che stiamo gradualmente, ma con ferma intenzione, ricomponendo: e i frutti di tutto questo già si cominciano a vedere. Leggendarie ormai, e anche struggenti, man mano che gli anni ci separano dalla sua dipartita, le visite a casa di Biasini. Ci si recava da lui come in cerca di un ultimo consiglio illuminato. Biasini, fermamente, raccomandava l’unità dei repubblicani, suo punto irrinunciabile: fuori dall’unità, nella diaspora, l’Edera avrebbe cessato di essere, riducendosi solo ad esasperati litigi fra coloro che del Pri avevano fatto parte e si ritrovavano, su sponde opposte, a vantare una "discendenza" repubblicana particolare, magari più repubblicana rispetto a quella di altri ex. Ecco cosa dispiaceva maggiormente al caro Oddo, per il quale, ripeto, il valore dell’unità doveva superare e prescindere anche dalla linea politica. Ed è questo che ho cercato di realizzare durante la mia segreteria; proprio questa è divenuta la mia preoccupazione – e la mia sfida – quotidiana.

Non solo una lezione di stile, dunque, quella di Biasini, anche se maestro di stile e discrezione è sempre stato, e tale suo comportamento già sarebbe bastato a farne uno dei grandi leader del Pri. Ma c’era dell’altro, c’era una precisa linea da perseguire, addirittura una netta strategia. Si chiamava, come ho detto sopra, unità. Biasini, certo, rientra nel novero delle figure rappresentative dell’Edera. Ma il "suo" partito non guardava affatto al passato. Le sue erano indicazioni per il futuro di tutti noi e soprattutto degli ideali che ancora oggi ci uniscono.